*** it-1 pp. 319-320 Benignità ***
Immeritata benignità. Il termine greco chàris ricorre più di 150 volte nelle Scritture Greche, ed è tradotto in vari modi secondo il contesto. In ogni caso viene rispettata l’idea centrale di chàris: ciò che è gradito (1Pt 2:19, 20) e avvincente. (Lu 4:22) Inoltre, in alcuni casi chàris si riferisce a un benigno dono (1Co 16:3; 2Co 8:19) o alla benignità nel farlo. (2Co 8:4, 6) Altre volte si riferisce al merito, alla gratitudine o riconoscenza che derivano da un atto particolarmente benigno. — Lu 6:32-34; Ro 6:17; 1Co 10:30; 15:57; 2Co 2:14; 8:16; 9:15; 1Tm 1:12; 2Tm 1:3.
Comunque, nella grande maggioranza dei casi, il termine chàris è reso “grazia” in quasi tutte le traduzioni italiane della Bibbia. La parola “grazia”, però, con i suoi numerosi significati non trasmette alla maggior parte dei lettori le idee contenute nel vocabolo greco. Per esempio: Cosa s’intende in Giovanni 1:14, dove la Riveduta dice “la Parola è stata fatta carne . . . piena di grazia e di verità”? S’intende “amabilità” o “favore” o cosa?
Uno studioso dice che chàris implica “un favore fatto per generosità, senza pretendere o aspettarsi qualcosa in cambio; quindi il vocabolo era destinato ad avere maggior rilievo [negli scritti cristiani] . . . , per esprimere la piena e assoluta generosità dell’amorevole benignità di Dio verso gli uomini. Infatti Aristotele, nel definire [chàris], pone l’accento su questo punto: che è conferita generosamente, senza aspettare nulla in cambio, ed è motivata unicamente dalla liberalità e generosità del donatore”. (R. C. Trench, Synonyms of the New Testament, Londra, 1961, p. 158) Un lessico dice: “La parola [chàris] dà l’idea di benignità che concede a uno ciò che non ha meritato . . . gli scrittori del N. T. usano [chàris] prevalentemente a proposito della benignità con cui Dio concede favori anche agli immeritevoli, accorda ai peccatori il perdono delle loro trasgressioni, e li invita ad accettare la salvezza eterna mediante Cristo”. (J. H. Thayer, A Greek-English Lexicon of the New Testament, 1889, p. 666) Chàris ha stretta attinenza con un altro termine greco, chàrisma, del quale è stato detto (W. Barclay, A New Testament Wordbook, Londra, 1956, p. 29): “Nell’insieme la parola [chàrisma] dà fondamentalmente l’idea di un dono generoso e immeritato, di qualcosa di non guadagnato e non meritato”. — Cfr. 2Co 1:11, Int.
Quando il termine greco chàris ha questo significato, in riferimento alla benignità accordata a chi non la merita, come è vero della benignità mostrata da Geova, “immeritata benignità” è un ottimo equivalente in italiano. — At 15:40; 18:27; 1Pt 4:10; 5:10, 12.
L’operaio si aspetta quello per cui ha lavorato, la sua paga; ha diritto al suo salario, qualcosa che gli è dovuto, e il cui pagamento non è un dono o una speciale benignità immeritata. (Ro 4:4) Ma per dei peccatori condannati a morte (e siamo tutti nati tali) essere liberati da questa condanna ed essere dichiarati giusti è davvero una benignità del tutto immeritata. (Ro 3:23, 24; 5:17) Chi obietta che coloro che erano nati sotto il patto della Legge erano doppiamente condannati a morte, perché quel patto dimostrava che erano peccatori, dovrebbe ricordare che agli ebrei fu dimostrata una benignità doppiamente immeritata in quanto la salvezza fu offerta prima a loro. — Ro 5:20, 21; 1:16.
Una speciale manifestazione dell’immeritata benignità di Dio verso l’umanità in generale è stata la liberazione dalla condanna mediante il riscatto per mezzo del sangue del suo diletto Figlio, Cristo Gesù. (Ef 1:7; 2:4-7) Mediante questa immeritata benignità Dio reca salvezza a ogni sorta di uomini (Tit 2:11), cosa che era stata predetta dai profeti. (1Pt 1:10) Il ragionamento e l’argomento di Paolo è dunque valido: “Ora se è per immeritata benignità, non è più dovuto alle opere; altrimenti, l’immeritata benignità non è più immeritata benignità”. — Ro 11:6.
Paolo, più di ogni altro scrittore, menziona l’immeritata benignità di Dio: oltre 90 volte nelle sue 14 lettere. Menziona l’immeritata benignità di Dio e di Gesù nell’introduzione di tutte le sue lettere, tranne quella agli Ebrei, e ne parla di nuovo alla conclusione di ogni lettera, nessuna esclusa. Altri scrittori biblici similmente vi accennano all’inizio e alla fine dei loro scritti. — 1Pt 1:2; 2Pt 1:2; 3:18; 2Gv 3; Ri 1:4; 22:21.
Paolo aveva ogni ragione di sottolineare l’immeritata benignità di Geova, poiché era stato “bestemmiatore e persecutore e insolente”. “Tuttavia”, spiega, “mi fu mostrata misericordia, perché ero nell’ignoranza e agivo per mancanza di fede. Ma l’immeritata benignità del nostro Signore abbondò straordinariamente con la fede e l’amore che è in relazione a Cristo Gesù”. (1Tm 1:13, 14; 1Co 15:10) Paolo non respinse tale immeritata benignità, come alcuni hanno stoltamente fatto (Gda 4), ma fu lieto di accettarla con gratitudine ed esortò altri a fare lo stesso ‘per non venir meno al suo scopo’. — At 20:24; Gal 2:21; 2Co 6:1.